mercoledì 23 novembre 2011

Giovani scrittori crescono: a tu per tu con gli allievi de Lalineascritta di Antonella Cilento




Nata a Napoli, Aureliana Donadio vive sulle sponde del Lago Patria con la famiglia e tre cani. Ama la natura, il teatro, la ceramica e la scrittura. Ortese e Munro sono le autrici che predilige. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in raccolte antologiche.



Su quali autori è avvenuto il suo apprendistato letterario?
La prima memoria di un libro “adulto” (quando iniziarono a regalarmi quelli con pochissime illustrazioni) risale ai miei otto anni: la riduzione per bambini de Le mille e una notte. Affascinata e coinvolta, vivevo nella narrazione. Da ragazzina ho amato Kipling e un testo scolastico, l’Odissea con  le letture mitologiche che l’insegnante delle scuole medie ci spingeva a fare. Il libro rivelazione è stato per me Il mare non bagna Napoli della Ortese: una voce appassionata di denuncia, ricca di immagini inconsuete, che elideva ogni facile retorica su Napoli. Anche io misi gli “occhiali” per fare i conti con la mia città e capii che la buona scrittura non è mai crudele o gentile, ma è capace di mostrare la realtà, quale essa sia. Nomino solo alcuni tra gli autori che amo: la  Morante dell’Isola di Arturo, un’infanzia magica e selvaggia che vede sgretolarsi i suoi miti e attraverso la rabbia, la disperazione, la disillusione va verso l’età adulta, consapevole delle ambiguità; il Parise dei Sillabari, il Buzzati de Il deserto dei Tartari, che ho sentito compagno in un periodo in cui vivevo attese e sospensioni, e ancora Calvino, Moupassant, Yourcenar, Ibsen, legato al mio interesse per il teatro e poi Bradbury, Cechov, Munro, Roth, Coe, Franzen, Malamud, Faber. Sto parlando anche di autori di oggi perché penso che il mio apprendistato non sia mai finito.

Cosa apprezza di più in un testo narrativo?
La struttura, la storia, le varie voci, la verosimiglianza e anche le sperimentazioni: non esiste un ordine di importanza. Indispensabile è che un racconto o un romanzo  mostrino la natura umana e la sua complessità. Vorrei nominare a proposito un’autrice che amo, Alice Munro, che ho conosciuto con Nemico, amico, amante…, un libro di racconti dove  la prospettiva, soprattutto degli sguardi femminili, appare naturale, spontanea.  Solo dopo la lettura ho riflettuto su come tutto sia stato ben costruito: l’osservazione di un attributo fisico, dell’abbigliamento, della casa che il personaggio abita, quel che pensa, che prova dentro, le sue caratteristiche psicologiche. Inoltre amo quei racconti perché mostrano una realtà comune, fatta di eventi anche banali, che d’improvviso possono diventare speciali e dare un senso nuovo, far emergere una risorsa che il personaggio aveva dentro sé o anche cristallizzarlo, tutta la vita, nel tempo di un momento. Cosa è accaduto, perché il protagonista è arrivato a quel punto? La Munro investiga. Si parte da una lettera scritta per scherzo, da un bacio, una malattia, che, mescolate alla crudeltà o alla leggerezza della vita ordinaria, fanno scaturire eventi; alla fine si ricompone  il mosaico e noi vediamo che quel mosaico nell’insieme è la vita.

Quando scrive, da dove attinge la materia delle sue storie?
È difficile ricostruire la genesi di un racconto. Di solito parto da un’immagine. Un mio racconto, ad esempio, è nato osservando lo sguardo di un uomo in un dipinto; quello sguardo continuava a parlarmi di un tratto di carattere distintivo, poi è venuta la sua personalità, i suoi problemi, un momento della sua vita. Un altro racconto è nato dal ricordo di una strada che nell’adolescenza ho percorso per anni: le scale di San Marcellino, nel centro storico. A quell’immagine si era associato un personaggio, una prostituta, che sembrava volesse abitare e vivere proprio lì. Non scrivo subito ma lascio che per qualche giorno compaiano delle immagini, diciamo che “vedo” agire il/la protagonista e contemporaneamente mi metto a fare supposizioni sulla sua vita, poi, compresa la storia, prendo qualche appunto cercando di organizzare una struttura e mi metto a scrivere. A volte, strada facendo, il personaggio sembra decidere  altro o forse sono io che mi chiarisco meglio. Comunque attingo dalla mia esperienza, nel senso che, poiché sono certa che in ognuno di noi ci sia tutta la gamma di sentimenti, sensazioni e pulsioni possibili, che condividiamo con l’umanità, cerco di usarli per costruire un buon racconto. Naturalmente ogni persona che scrive parla dal suo angolo di osservazione, con i suoi temi ritornanti.

Perché si è iscritta a una scuola di scrittura?
Perché volevo uscire dalla scrittura autobiografica ed ero certa che, come per qualunque mestiere, fossero necessari l’acquisizione della tecnica e un buon apprendistato. Antonella Cilento è maestra competente, chiara e comunicativa, che non si risparmia, ma l’appuntamento settimanale con lei e il gruppo è molto di più, è come stare a bottega. Al di là della comprensione di regole, personaggi, tempi, strutture ecc., si impara a leggere, a capire perché le storie funzionano, a godere della scrittura dei buoni libri. Inoltre il confronto tra i lavori dei compagni è quanto di meglio esista per comprendere errori, risolvere dubbi; i confronti sono stimoli preziosi, innescano anche nuove visuali.

Il racconto firmato da Aureliana si intitola Sotto e ha come protagonisti due bambini, Sara e Salvo. Lei, vivace e in cerca di un riferimento affettivo; lui, intelligente e condannato dalla malattia. La scrittura, più che sulle descrizioni, punta sul coinvolgimento emotivo raggiungendo in pieno il suo obiettivo in un finale sospeso tra crudeltà e immaginazione.

Avevo nove anni, era il millenovecentosettantanove. I miei nonni, che abitavano nel mio stesso palazzo, avevano comprato il televisore a colori e mia madre era contenta che il pomeriggio salissi da loro per vedere i cartoni. Mamma faceva l’infermiera, quando ritornava dal lavoro era sempre a telefono con qualche amica e cercava di non farmi ascoltare che voleva separarsi da papà. Lui lavorava [leggi tutto]







Laureato in Giurisprudenza, Michele Di Palma vive tra Napoli e Milano. Alla passione per la scrittura affianca un talento musicale che si esprime attraverso lo studio del flauto e del sax tenore. La narrazione breve è la forma letteraria in cui più gli piace esercitarsi.


Come nasce la sua predilezione per il racconto?
L’ interesse per le narrazioni brevi è legato indubbiamente alle mie prime letture, ai racconti e alle poesie -storie in rima, ai limerick geniali di Gianni Rodari e alle Fiabe Italiane curate da Italo Calvino. Questi due grandi scrittori sono stati i miei primi modelli letterari e lo sono tuttora.  Penso che questa propensione per la forma breve sia anche connaturata al mio carattere, alla mia personalità: sono di poche parole, mi piace soprattutto ascoltare. Amo le piccole storie, i fatti minimi del quotidiano. E mi piace guardarmi intorno: in autobus e in metropolitana prendo sempre appunti.

Musica e letteratura sono per lei interessi tra loro complementari o distinti?
Direi senz’altro complementari. Musica e letteratura presentano notevoli affinità, anche le parole si somigliano: penso al ritmo, alle pause, al tono e all’andamento musicale di un testo.  Uno spartito si legge, un dialogo deve suonare bene.

Come scrittore, qual è il suo sogno nel cassetto?
Scrivere un racconto in grado di agganciare il lettore alla pagina, chiedendo alle parole di assumere la forza di azioni, come diceva il grande Raymond Carver. Credo sia il sogno di tutti gli scrittori.

Perché si è iscritto a una scuola di scrittura?
Per acquisire “i ferri del mestiere”, per confrontarmi con persone con i miei stessi interessi,  per vincere l’imbarazzo di leggere in pubblico le mie storie, per superare il cosiddetto “blocco dello scrittore” (ne ho sofferto per anni). Lalineascritta è la scuola ideale. Mi ha dato e mi sta dando tantissimo: sono cresciuto come persona e sto progredendo nella scrittura. Proprio ciò che desideravo.

Punti neri, piccoli inestetismi è il titolo del racconto di Michele. Svolto in forma dialogica, il testo ha un'ambientazione estiva e un tono comico. Ne sono protagonisti due ex compagni di scuola che, un po' per caso e un po' per necessità, dopo molti anni si ritrovano a flirtare.


Spiaggia di Miliscola. Una ragazza sui venticinque anni truccatissima, in costume da bagno intero zebrato, si avvicina a un coetaneo, un tipo alto e stempiato in boxer scuri, che passeggia compito sulla battigia [leggi tutto]




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