Perelà, chi era costui?

Pena! Rete! Lama! Pena! Rete! Lama! Pe... Re... La... 
Inizia così Il codice di Perelà, romanzo futurista di Aldo Palazzeschi pubblicato nel 1911 sotto l'egida marinettiana.


Frontespizio della prima edizione
Introdotto dal balbettio anaforico, Perelà è l'omino di fumo partorito da un utero nero (il camino) e sceso nel mondo degli uomini per vedere e conoscere da vicino ciò di cui fino ad allora aveva semplicemente sentito parlare. Proprio per la sua inconsistenza materica, Perelà si sottrae a ogni presa, non si lascia cioè com-prendere. Eppure, sin dalla sua apparizione, viene risucchiato da una spirale di ipotesi interpretative che tendono a fissarlo in una maschera unica e stabile. Gli equivoci che ne derivano generano effetti paradossali e, frastornato dalle attenzioni di cui è oggetto, Perelà si ritrova suo malgrado a rivestire il ruolo del massimo esperto di tutti i settori. La sua popolarità è tale che il Re decide di affidargli la stesura del nuovo Codice. L'entusiasmo nei suoi confronti si arresta bruscamente quando il povero Alloro, ammirando Perelà e desiderando somigliargli, si dà fuoco. A questo punto, dell'ingenuo omino di fumo che continuava a definirsi leggero, si comincia a diffidare e tutti quelli che lo avevano acclamato diventano testimoni d'accusa nel processo che lo vede imputato per omicidio. Condannato e imprigionato, Perelà non può che riconoscere il fallimento delle proprie aspettative e, deluso, sfila gli stivali che lo avevano tenuto ancorato alla terra e fugge dalla cella attraverso la grata della finestra. Questo è il suo testamento: 



«Io sono sotto questo camino e guardo su, in alto, quel piccolo tondo azzurro, esso mi appartiene. In questo tramonto, lascio le mie ultime volontà. I miei piedi sono uniti, le mie scarpe pesano come quella mattina quando faticosamente discesi fino ad esse, ed io le lascio così… come le avevano preparate loro. Pena! Rete! Lama! Voi mi deste queste scarpe perché io camminassi sulla terra, non è vero? Forse io dovevo camminare fino a che esse non fossero state tutte consumate. Se mi avessero sempre portato come oggi io potrei lasciare un vecchio paio di scarpe rotte quaggiù, ma siccome sempre mi fecero camminare in vettura, sono ancora in buono stato, sono ancora belle, lucide, e il loro suolo non è punto consumato. È la sola cosa ch’io posseggo e ve le lascio, o uomini, queste mi legarono a voi, voi sarete ora persuasi che io non  valevo gran che, valevo questo paio di scarpe. Mi chiamaste coi nomi più belli, mi strisciaste i vostri inchini più profondi, mi adoraste come una reliquia, poi vi siete accorti che cosa io valevo e mi  disprezzaste, mi calpestaste come un rettile, mi ingiuriaste, e mi voleste per sempre lontano da voi,  per dimenticarvi sempre di me. Voleste tante cose da me, che io vi dettassi il Codice, eccolo, questo solo può essere il Codice ch’io vi lascio, esso custodiva sulla terra la mia sola virtù. In questo tramonto una piccola nube grigia in forma di uomo, le nubi ànno tante forme, volerà su su, traverserà l’orizzonte verso il sole, nessuno la scorgerà, forse una povera donna, ed avrà per me un ultimo singhiozzo. A lei il mio ultimo pensiero, a lei che neppure  capì quello che io ero solamente: leggero leggero leggero leggero.»

Aldo Palazzeschi
(Firenze, 1885 - Roma, 1974)
















Come omaggio a Palazzeschi è da intendersi il premio previsto per il vincitore, ossia un soggiorno nel capoluogo toscano, sua città nativa.